Limite di 30 km/h in città: appello di 130 esperti al Ministro dei Trasporti

Il limite di velocità di 30 km/h nelle aree urbane garantisce strade più sicure, soprattutto per gli utenti più deboli, pedoni e ciclisti. Eppure il nuovo Codice della Strada non tiene conto di questa misura di efficacia assodata, sostenuta da OMS e Parlamento europeo. Ecco perché 130 esperti hanno rivolto un appello al Ministro dei Trasporti, in difesa delle politiche di moderazione della velocità dei veicoli nelle aree urbane. Silvia Bencivelli ne ha scritto per Scienza in rete, in un articolo che riproponiamo.

27 Mar. 2024

di Natalia Milazzo
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Ambiente
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Immagine di Marcus Winkler/Unsplash

 

Come nota Silvia Bencivelli in un recente articolo pubblicato su Scienza in rete:
«Le associazioni per la sicurezza stradale hanno tutte il nome di qualcuno. Lorenzo, Michele, Sonia, Matteo: persone che avrebbero preferito intestarsi altro, semmai, e invece sono morte sulla strada.
Morte, perché qualcuno alla guida di un mezzo a motore le ha investite e uccise.
Eppure noi quell’evento continuiamo a chiamarlo “incidente”, come se fosse inatteso, sorprendente: come se non fosse evidente che tra un pedone e un automobilista la responsabilità dello scontro è quasi sempre dell’automobilista e a morire è quasi sempre il pedone. E continuiamo a parlarne come se si trattasse di disgrazie isolate, brutti colpi di sfortuna, e non di una strage quotidiana, prima causa di morte per i giovani in Italia e nel mondo».

I numeri, citati puntualmente nell’articolo, parlano chiaro:

  • In Europa si calcolano circa 22.700 vittime della strada all’anno e 120.000 feriti gravi. La pandemia ha comportato un breve calo degli eventi che è risultato passeggero.
  • Facendo un confronto con altri Paesi, in Svezia i morti per milione di abitanti sono 18 all’anno, in Italia sono 52 (dato Istat riferito al 2019).
  • Sulle strade italiane muoiono più di 9 persone al giorno, più di 3.000 all’anno (3.159 nel 2023), e di queste 40 sono bambini e bambine.
  • Tre quarti degli incidenti mortali avviene in città: degli oltre 600 pedoni investiti, più di 300 stavano attraversando sulle strisce.
  • Un quarto degli “incidenti” è chiaramente causato dall’alta velocità di chi stava guidando.
  • Nove volte su dieci è colpa di chi stava guidando, e otto volte su dieci la vittima è un utente cosiddetto fragile: bambino, anziano, disabile.

Dal punto di vista economico, i costi conseguenti agli incidenti sono stimati in oltre 18 miliardi di euro all’anno.

L’appello degli esperti: sì ai 30 km/h in città

In seguito alla recente emanazione della “Direttiva sulla disciplina dei limiti di velocità nell’ambito urbano ai sensi dell’art.142 del Nuovo Codice della Strada”, che si oppone al limite di velocità dei 30 km/h nei centri urbani, un gruppo di esperti e tecnici impegnati nel settore della pianificazione e progettazione della mobilità e del traffico ha denunciato la “dura presa di posizione” da parte del Ministro dei Trasporti contro le politiche di moderazione delle velocità dei veicoli nelle aree urbane.

Come si legge nell’appello: «Si tratta di una posizione poco comprensibile, non basata su alcuna evidenza tecnica o sperimentale, che si pone in netto contrasto con quanto viene suggerito dai massimi istituti sovranazionali, come l’OMS e il Parlamento europeo, oltre che dal Piano Nazionale della Sicurezza Stradale dello stesso MIT, e che ignora quanto è da tempo ampiamente praticato, con risulta innegabilmente positivi, in molte altre città nel mondo. […] Peraltro l’esperienza accumulata da ormai molte città ha dimostrato come la riduzione correttamente attuata della velocità in ambito urbano non sia in contrasto con una mobilità efficiente, dato che l’aumento dei tempi di percorrenza è sempre risultato del tutto marginale, se non addirittura inesistente.

Di fronte a questi effetti sulla componente veicolare è necessario considerare anche i vantaggi che la riduzione delle velocità comporta per tutti gli altri utenti della strada, dato che le migliori condizioni di sicurezza e il minor inquinamento acustico e atmosferico favoriscono un maggior utilizzo dello spazio pubblico da parte di soggetti altrimenti penalizzati, come pedoni, ciclisti, bambini, anziani e disabili. Ne deriva che il limite a 30 km/h, se correttamente applicato, non solo non confligge, ma anzi favorisce il diritto alla mobilità e la libera circolazione delle persone».

Queste le richieste degli esperti:

  • che il Ministero non solo non contrasti, ma agevoli l’iniziativa di Bologna e delle altre città che intendono adottare il modello di Città 30, che possono costituire un importante esperimento sulla cui base formulare norme e indirizzi in modo più corretto e informato;
  • che non si approvino le modifiche del Codice della Strada avverse alle norme introdotte dalla L.120/2020 sulla ciclabilità, norme che finalmente ci allineano alle modalità adottate negli altri paesi europei;
  • che non si riduca, ma anzi si ampli, la possibilità di utilizzare sistemi avanzati di telecontrollo delle infrazioni, compreso il limite dei 30 km/h in ambito urbano;
  • che si emani una normativa nazionale sui dispositivi di moderazione del traffico, sulla base di quanto sperimentato dai paesi che presentano tassi di incidentalità e mortalità stradale ben inferiori a quello italiano.

Una battaglia politica

Così commenta Bencivelli: «La prima delle battaglie, la più attuale, è politica: Ministro Salvini, abbassiamo la velocità sulle strade. Il riferimento è al nuovo Codice della Strada (che in questo momento è passato all’esame del Senato), e in primo luogo alla Direttiva sulla disciplina dei limiti di velocità nell’ambito urbano emanata il 2 febbraio scorso, che invece di sostenere il limite di 30 km/h in città, come da indicazione del Parlamento europeo e Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nonché da Piano Nazionale della Sicurezza Stradale dello stesso Ministero dei Trasporti, lascia il vecchio limite dei 50 km/h nei centri abitati, eventualmente estensibile a 70km/h.

Ma il limite a 30km/h non è una fissazione antiautomobilistica da fricchettoni, non è cattiveria, non è nemmeno un numero magico. Il sito di Bologna Citta30 (del Comune di Bologna) riporta questi numeri: passando da 50 km/h a 30 km/h il tempo di arresto di un’automobile dimezza. Significa che fare “incidenti” è meno probabile, perché si ha più tempo per frenare. Comunque, se non si riesce a frenare, una persona investita a 50 km/h ha otto probabilità su dieci di perdere la vita, a 30 km/h si scende a una probabilità su dieci. E sette persone sono salve. Al di là della teoria, la pratica conferma: le città che hanno adottato il limite di 30km/h (che adesso sono tante e anche grandi, come Bruxelles e Parigi e molte città spagnole, o la nostra riluttante Bologna) hanno visto calare della metà o anche più il numero di “incidenti” gravi e mortali. Tra qualche anno vedranno che sono calati anche i morti per malattie da inquinamento e da rumore.

Però, mentre l’Europa rallenta in nome della vivibilità e della sicurezza, sulle strade italiane il Codice permette di continuare a correre. O meglio: corricchiare. Cioè: per via dell’insensato traffico veicolare, la velocità media di un’automobile in una delle nostre città è di circa 18km/h. Significa che per un bel po’ di tempo viaggia a passo d’uomo. Però poi appena c’è un incrocio libero o una svolta su una strada secondaria si è autorizzati a schiacciare l’acceleratore fino a 50km/h».

Leggi l’articolo completo di Silvia Bencivelli su Scienza in rete